Il Delta del Po Parte I – I Pescatori

Era qualche giorno, dal mio ritorno dal Delta del Po, che volevo scrivere un pezzo su di esso, solo oggi, complice la terza dose di vaccino che mi ha messo un pò Ko, mi metto tranquillo a scriverne

Volevo descrivere ciò che ho visto, i pescatori, e tutta la filiera, fatta di uomini e donne, che parte la mattina prestissimo in un mare freddo di fine novembre, ed arriva agli spedizionieri della grande distribuzione, passando per il lavoro manovale ed umano.

In questa prima parte racconterò ciò che ho visto, cosa ho provato e cosa ho fotografato alle 6 di mattina, in uno dei tanti punti di pesca di mitili, vongole e pesci vari appunto nel Delta del Po.

Cominciamo!

Ecco… si… si fa presto a dire Cominciamo! Da dove comincio?
Ma si cominciamo dall’inizio… e nel mio stile

La mia sveglia suona alle 5, qualche migliaia di parolacce tra me e me e mi tiro fuori dal letto per infilarmi sotto la doccia, l’appuntamento era alle 6.
Apro la serranda della mia camera d’albergo, ed era come non averlo fatto, era si ancora notte, ma un fitto strato di nuvole e nebbia avvolgeva tutto.
Mi arriva un messaggio con una foto di caffè e cornetto e la frase “Sono al bar di fronte”
Mi armo di coraggio e scendo
Una pioggia fina mi accoglie all’uscita dall’albergo, dovevo solo attraversare la statale per raggiungere il bar, lo faccio con passo spedito
Entro e trovo gli altri, perplessi quanto e forse più di me su cosa fare.
Otello il barcaiolo che avevamo ingaggiato per portarci quella mattina era già stato sentito, lui era già in barca e si stava recando all’ormeggio dove avevamo deciso di vederci.
A quel punto andiamo! Decideremo una volta arrivati li anche con lui

Mezz’ora di macchina scarsa e raggiungiamo l’ormeggio
Otello ci accoglie indossando una mega cerata protettiva antipioggia, io quel giorno, visto il freddo patito in parte il giorno prima mi ero bardato:
Sottopantaloni imbottiti + pantaloni impermeabili, due maglie termiche, maglietta, maglione e piumino, doppi calzini di lana e scarponi, insomma avevo paura di sentire freddo…

Attendiamo li circa un quarto d’ora, la pioggia sottile e fastidiosa non accenna a smettere, ma il cielo comincia a schiarirsi grazie all’albe imminente, e vediamo che le nuvole non sono poi così nere.
Così appena la pioggia cessa Otello sentenzia “Ora non ricomincia più”
Data la sua esperienza non possiamo far altro che fidarci e saliamo in barca
Ci sistemiamo più o meno come il giorno prima tirando fuori l’attrezzatura fotografica per fotografare qualche airone durante il tragitto, iso enormemente alti, tempi estremamente veloci

Un Airone del Delta del Po

Il tragitto fino alla Sacca di Scardovari, dove sapevamo essere una delle zone di pesca è piuttosto breve, e freddo a parte anche piuttosto piacevole, e scorre con la caccia fotografica a tenerci occupati fino ad intravedere i primi pescherecci

Vedere queste barche emergere dalla nebbia di una mattinata grigia e ventosa, lo ammetto fa un pò effetto e fa ancor più effetto la scena che si presenta ai nostri occhi mentre ci avviciniamo
La situazione era appunto di una mattinata, di fine novembre, grigia, ventosa, fredda, con il mare leggermente agitato da qualche onda, in questo contesto si disponevano varie barche, alcune ferme altre in movimento, ma erano quelle ferme che mi facevano più effetto.
L’acqua nella Sacca, in quel punto sarà stata alta forse poco più di un metro, dentro di essa, accanto alle barche ferme vi erano due uomini per ogni imbarcazione, immersi nell’acqua gelida fino al torace, lavoravano con un attrezzo dragando il fondale, tendevano corde e cercavano ciò per cui erano li

Ecco, io li ho capito quanto fosse duro quel lavoro.
Otello, il nostro barcaiolo, ci ha detto che quel lavoro può essere fatto per relativamente pochi anni, poi i reumatismi, l’artrosi e tutto quello che comporta stare dentro l’acqua gelida per tutto quel tempo, tutti i giorni, presenta il suo conto al fisico.
Sopra alle barche intanto le pescatrici erano intente ad un altro lavoro.
Tutto ciò che veniva dragato dal fondale dai due pescatori immersi e dal macchinario, passava dalle loro mani, veniva passato in un altro macchinario sopra la barca e da loro sapientemente selezionato.
Cozze, vongole e tutto ciò che era sotto un certo peso o sotto una certa dimensione veniva restiruito al mare per evitare che il fondale si impoverisse e che la fauna locale non si potesse riprodurre
Un lavoro anche quello di estrema attenzione che con una situazione di 5 gradi, vento freddo e mare mosso non penso fosse il massimo della semplicità.
Io stesso scattavo con iso altissimi (dai 3200 in su) e tempi molto alti (1/400 sec) per cercare di combattere il rollio della barca ed i movimenti delle onde

Ciò che mi è rimasto più impresso di quel momento? La concentrazione ed i sorrisi!
Noi eravamo ovviamente degli intrusi, ma ci siamo presi moltissimi saluti e molti sorrisi, cosa che in una situazione del genere forse non erano scontati

Una sensazione di accoglienza che mi sono portato via dopo quell’ora circa trascorsa a fotografarli a vedere scene ed a ricevere saluti
Una sensazione di lavoro duro, ma anche di molto impegno e competenza, una sensazione che è uno dei motivi per cui sto scrivendo questa serie di articoli per far conoscere meglio queste persone ed il loro mondo

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